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Il vino premiato

Quando scegli un vino, magari per un’occasione speciale, ti affidi a quelle piccole coccarde sulla bottiglia che indicano che il vino in questione ha vinto quello o quell’altro concorso (uno dei mille)?

Probabilmente sì… visto che diversi studi di marketing dicono che basta che il vino abbia vinto un premio per vedere aumentare le sue vendite del 15%.

Ma lasciate che vi racconti cosa è successo qualche mese fa…

La troupe dello show satirico belga “On n’est pas des pigeons” decide di fare questo esperimento: dimostrare che un vino economico, con un po’ di story-telling ben messo e un’etichetta figa, può anch’esso vincere un concorso.

La scelta cade su una piquette: una bevanda vinosa ottenuta aggiungendo acqua alle vinacce.
Quindi sì: scarti di produzione, in sostanza.

Costo sugli scaffali del supermercato: 2,70€.

Questa piquette, che tecnicamente non è nemmeno un vino, era mascherato da un’etichetta recante il logo di una cantina inesistente dal nome snob: Chateau Colombier.

Ad accompagnare, una piccola storia (ovviamente inventata): vino prodotto con uve autoctone di alcune specifiche zone della Vallonia, ecc ecc…

Vino spedito a Macon (Francia), sede del Concorso Enologico Internazionale Gilbert & Gaillard e… primo premio!

La giuria, si legge nelle motivazioni, è rimasta colpita dallo “Chateau Colombier”, definito “delicato, fresco, al palato ricco e gradevole. Esibisce aromi fruttati, sinceri e piacevolmente complessi”.

Dai, è stato un bello scherzo. Forse non per gli organizzatori.

Anche se niente di nuovo, in realtà.

Questo “scherzo” fu un esperimento eseguito da un team di neuroecomisti al Caltech anni fa.

In poche parole: la nostra corteccia prefrontale si aspetta che un vino costoso sia un buon vino. Ecco che la parte “razionale” del nostro cervello distorce così la realtà, come in una sorta di effetto placebo, facendoci notare la “qualità” di un prodotto che altrimenti avremmo snobbato.
Un pregiudizio che anche i palati più esperti faticano a superare.

Comunque… fidati dei sommelier.

Personalmente li considero, il più delle volte almeno, professionisti esperti nel loro campo.

È del nostro cervello che dovremmo fidarci meno!

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