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Cuocere è bene, “al dente” è meglio

Qual è il grado di cottura della pasta che preferisci?

Ok, i gusti sono soggettivi, certo.

Tuttavia, la cottura al dente ha dei vantaggi oggettivi.

Innanzitutto, per quanto possa sembrare controintuitivo, è la pasta al dente ad essere più facilmente digeribile.
Cuocendo la pasta al dente, infatti, i granuli di amido si idratano, senza disperdersi nell’acqua (come farebbero con una cottura prolungata).

Così facendo, dunque, le sue proprietà nutritive restano intatte. Certo… bisogna stare attenti a non cuocerla troppo poco, e farla così al chiodo.

La pasta al dente ha un più basso indice glicemico: l’amido può essere assimilato in maniera graduale evitando un innalzamento della glicemia.

Inoltre, la pasta al dente, ha bisogno di una masticazione più lunga. Questa fa sì che le ghiandole salivari secretino la ptialina, un enzima che agisce sulle catene complesse dell’amido (azione amilasica, ad essere pignoli!), riducendole a strutture meno complesse e facilitando il successivo completamento della digestione.

Ma c’è un altro bonus che porta la pasta al dente: la lenta assimilazione degli amidi comporta anche un aumento della produzione da parte del nostro organismo di quegli ormoni che regolano il senso di sazietà (su tutti, leptina e grelina) , che sarà quindi più prolungato nel tempo.

Distogliendoci così dalla voglia irrefrenabile di aprire quella dannata porta del frigo!

A proposito di frigo, io li vendo. Così come attrezzature per cuocere la pasta. Al dente, o come vi pare!

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